Un articolo del New York Times descrive un fenomeno preoccupante: la fuga dalla città di Londra. Si tratta di un esodo paradossale, soprattutto se letto alla luce di un dato tangibile: nel corso del 2012, ben 133 miliardi di sterline sono stati investiti in proprietà immobiliari cittadine. La maggior parte di questo denaro non proviene tuttavia da cittadini inglesi, ma da facoltosi investitori stranieri. Ecco svelato il paradosso: i nuovi ricchi, in gran parte stranieri, stanno costringendo la classe media cittadina – ma anche i “vecchi ricchi” – ad abbandonare la città.

Fuggire da Londra diventa per molti l’unica soluzione praticabile, per la difficoltà nel trovare un alloggio e a causa del costo della vita (levitato in proporzione agli standard imposti dagli abitanti più ricchi). A ciò si aggiunge anche una questione meno evidente ma prospetticamente più preoccupante, cioè quella relativa alla tassazione dei nuovi ricchi. Se questi ultimi non hanno residenza in Gran Bretagna, di fatto non vengono tassati; questo significa che i fondi per i servizi pubblici cittadini saranno sempre meno, pur a fronte di una popolazione cresciuta del 14% circa negli ultimi dieci anni. Per le giovani generazioni e per l’istruzione le notizie non sono buone: difficilmente sorgeranno nuove scuole e le classi di quelle esistenti dovranno accogliere sempre più studenti.

Londra sembra seguire, con sue proprie modalità, il processo di “manhattanizzazione” di cui è vittima New York. Se per la città americana è chiaro che l’operato del sindaco deve principalmente confrontarsi con questo tema, mantenere viva la cultura autoctona appare una priorità anche per Londra.

[ illustrazione: Untitled di Dieter Roth ]