ANTROPOLOGIA, CAMBIAMENTO, FILOSOFIA, TECNOLOGIA

La vita dopo la morte? Una scommessa tecnologica

Secondo il paradosso di Moravec (di cui si è già parlato qui), l’intelligenza artificiale non potrà mai superare quella umana per un fondamentale, forse controintuitivo motivo: i computer sanno svolgere calcoli altamente complessi molto meglio di noi ma non sono in grado di simulare le nostre abilità percettive e motorie più basiche. Quanto un neonato padroneggia a un anno è semplicemente inarrivabile per qualsiasi cervello elettronico. Eppure vi sono molte persone (prevalentemente americane, facoltose e di carnagione bianca) convinte che l’intelligenza artificiale presto supererà quella umana e che grazie a essa potremo trascendere i limiti della nostra esistenza, financo quello della morte. Si definiscono “transumanisti” e a loro l’irlandese Mark O’Connell ha dedicato il libro-reportage Essere una macchina (2018).

Uno degli aspetti più interessanti del testo è la progressiva messa in luce, racconto dopo racconto, della prospettiva fideistica propria del transumanesimo: non soltanto le modalità di affiliazione e aggregazione dei suoi seguaci tendono a farli somigliare a ordini religiosi e sette; l’afflato che anima le loro argomentazioni si avvicina spesso, come O’Connell non manca di notare, allo spirito delle più classiche “prove ontologiche”.  Dialogando con il responsabile di un lucroso business incentrato sulla crio-conservazione di corpi defunti – in attesa di un futuro in cui i transumanisti contano diventi tecnologicamente possibile rianimarli – O’Connell si sente ripetere un argomento chiave per i transumanisti: “vale la pena di provare”. Impossibile non pensare, ponendosi molte domande sulla ridefinizione del concetto e delle pratiche di fede, alla celebre “scommessa” elaborata da Blaise Pascal nei suoi Pensieri:

Se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, senza esitare.

[ Illustrazione: fotogramma dal film Ex Machina di Alex Garland, 2015 ]

EMPATIA, INTERNET, POLITICA, SOCIETÀ

La civiltà fuori dalla rete

Perché – e in che senso – “sparire” da internet? Secondo le argomentazioni di Jaron Lanier in Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social (2018), vale la pena farlo non tanto per la tutela della propria sfera privata e dei dati cosiddetti “sensibili”, quanto per cercare di recuperare una dimensione sociale realmente – e non solo superficialmente – partecipativa e in ultima istanza civile.

Jaron Lanier si è nel corso degli anni imposto, con un passato da “pioniere” della realtà virtuale che gli conferisce rara credibilità, come uno dei principali difensori dei diritti individuali e collettivi nell’epoca della società “connessa”. In sintonia con autori quali Evgenij Morozov o Lee Siegel, Lanier contribuisce ad alimentare una contro-cultura del web preziosa per chiunque abbia a cuore proteggersi dagli strali di “cyber-ottimismo” orchestrati dalle super-potenze del business tecnologico.

Le dieci tesi del libro di Lanier illustrano con dolorosa chiarezza tutte le maniere, solitamente smaccate ma talvolta sottili, in cui i social network alimentano la natura iper-individualista dell’occidente contemporaneo, esacerbando desiderio di apparire, incapacità di confrontarsi con il diverso e aggressività. Non è solo “colpa” del web, ma è innegabile che l’utilizzo spasmodico dei social media sta contribuendo, contro tutti i buoni propositi con cui l’internet è stato inizialmente sviluppato da persone come Lanier stesso, a renderci più soli, razzisti e ignoranti.

Attraverso il web si sta diffondendo una progressiva perdita del senso di comunità e cittadinanza che purtroppo trova pieno rispecchiamento nell’adesione diffusa ai proclami della destra qualunquista e xenofoba che negli ultimi anni ha assunto sempre maggiore rilevanza nel panorama politico internazionale. Ecco perché, in definitiva, occorre leggere e far leggere questo libro e iniziare a invertire la rotta con un gesto semplice ma fondamentale: usare meno i social network e tornare a parlarsi guardandosi in faccia.

[ Illustrazione: fotogramma da Zoolander (2001) di Ben Stiller ].