EMPATIA, INTERNET, POLITICA, SOCIETÀ

La civiltà fuori dalla rete

Perché – e in che senso – “sparire” da internet? Secondo le argomentazioni di Jaron Lanier in Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social (2018), vale la pena farlo non tanto per la tutela della propria sfera privata e dei dati cosiddetti “sensibili”, quanto per cercare di recuperare una dimensione sociale realmente – e non solo superficialmente – partecipativa e in ultima istanza civile.

Jaron Lanier si è nel corso degli anni imposto, con un passato da “pioniere” della realtà virtuale che gli conferisce rara credibilità, come uno dei principali difensori dei diritti individuali e collettivi nell’epoca della società “connessa”. In sintonia con autori quali Evgenij Morozov o Lee Siegel, Lanier contribuisce ad alimentare una contro-cultura del web preziosa per chiunque abbia a cuore proteggersi dagli strali di “cyber-ottimismo” orchestrati dalle super-potenze del business tecnologico.

Le dieci tesi del libro di Lanier illustrano con dolorosa chiarezza tutte le maniere, solitamente smaccate ma talvolta sottili, in cui i social network alimentano la natura iper-individualista dell’occidente contemporaneo, esacerbando desiderio di apparire, incapacità di confrontarsi con il diverso e aggressività. Non è solo “colpa” del web, ma è innegabile che l’utilizzo spasmodico dei social media sta contribuendo, contro tutti i buoni propositi con cui l’internet è stato inizialmente sviluppato da persone come Lanier stesso, a renderci più soli, razzisti e ignoranti.

Attraverso il web si sta diffondendo una progressiva perdita del senso di comunità e cittadinanza che purtroppo trova pieno rispecchiamento nell’adesione diffusa ai proclami della destra qualunquista e xenofoba che negli ultimi anni ha assunto sempre maggiore rilevanza nel panorama politico internazionale. Ecco perché, in definitiva, occorre leggere e far leggere questo libro e iniziare a invertire la rotta con un gesto semplice ma fondamentale: usare meno i social network e tornare a parlarsi guardandosi in faccia.

[ Illustrazione: fotogramma da Zoolander (2001) di Ben Stiller ].

CAMBIAMENTO, EMPATIA, LETTURA, SOCIETÀ, TECNOLOGIA

Riscoprire l’empatia grazie ai libri

Dopo Proust e il Calamaro del 2008, la studiosa americana Maryanne Wolf torna a occuparsi di cervello e lettura in Lettore, vieni a casa (2018). Il testo affronta un tema che, con un po’ di retorica, può definirsi “scottante”: in che maniera le nuove abitudini di lettura rapida e superficiale indotte dai media digitali stanno cambiando il modo in cui pensiamo e ragioniamo?

Davanti agli occhi di un adulto medio scorre ogni giorno una media di 34 gb di dati (corrispondenti a 100.000 parole). Questa bulimia di dati si accompagna – in ragione del cosiddetto skimming, la lettura veloce con cui processiamo i testi su schermo –  a una soglia di attenzione non superiore ai cinque minuti, circa la metà rispetto a dieci anni fa. L’abbassamento dell’attenzione non riguarda solo ciò che si fa davanti a un computer, ma porta con sé una drastica diminuzione delle capacità critiche: riceviamo nuove informazioni in modo passivo, senza sforzo di rielaborazione e, soprattutto, senza un approccio critico. Questa mancanza di profondità genera un humus assai fertile per le fake news e per tutti gli utilizzi manipolatori di informazioni con cui chi frequenta i social network – ma ormai anche canali informativi istituzionali – è suo malgrado molto familiare.

Leggere su carta e confrontarsi con prose ricche e complesse rappresenta un potentissimo antidoto a tutto questo. Non a caso, Maryanne Wolf parla di un “ritorno a casa” del lettore. Si tratta di rieducare la propria capacità di immergersi in una lettura concentrata e profonda, recuperando quanto stiamo rischiando di perdere trascorrendo la maggior parte del nostro tempo appiccicati a schermi digitali. L’autrice non si limita a “fare teoria”, ma parla in prima persona: dopo essersi resa conto che le sue capacità di lettrice critica si stavano affievolendo a causa della lettura veloce indotta dal web, si è sottoposta a una “rieducazione” di due settimane in compagnia de Il giuoco delle perle di vetro (1943) di Herman Hesse. Il risultato? La sensazione di un cervello di nuovo brillante.

La riconquista più preziosa fra quelle offerte dalla lettura “profonda” riguarda l’empatia, capacità relazionale fondamentale al nostro essere umani che la rapidità e la mancanza di approfondimento del quotidiano ci stanno facendo sempre più pericolosamente smarrire. Una indagine della Stanford University sostiene che dagli anni ’80 ai prima 2000 l’empatia delle generazioni più giovani sia calata del venti per cento. Si tratta di un’evidenza di certo discutibile, che tuttavia trova conferma nel clima sociale e politico dell’occidente “civilizzato”, caratterizzato nei migliori casi da isolazionismo e incomprensione, nei peggiori da razzismo e odio per il diverso. Di nuovo, un possibile antidoto sta nei libri e in particolare nei romanzi, capaci più di ogni altro medium di aiutaci a costruire un confronto consapevole con opinioni, vite e mondi diversi dai nostri.

[ Illustrazione: fotografia di André Kertész dal libri On Reading (1971) ]