Algofobia, ovvero paura della sofferenza: questo il tema di La società senza dolore (2021) di Byung-Chul Han, filosofo tedesco di origine sudcoreana. Con uno scarto laterale rispetto a un tema a lui caro, vale a dire la riflessione su quella che ormai da anni descrive come “società della performance” (e dell’auto-sfruttamento, mascherato da realizzazione personale), l’autore opera uno scavo che cerca di andare oltre la superficie dell’esperienza del dolore, per mostrare quanto quest’ultima tenda oggi a essere bandita dalla maggior parte delle esistenze.
Fra i temi approfonditi da Byung-Chul Han vi è quello del ruolo costitutivo del dolore per raggiungere una felicità autentica. Secondo il discorso del filosofo tedesco, l’ideologia neoliberista della felicità a tutti i costi, oggi ben rappresentata dal sistema dei “like” dei social network, rende la nostra vita una somma di prestazioni, da gestire nella maniera il più possibile efficiente e ottimizzata.
Esito di questa tendenza è, per dirlo in termini filosofici, una reificazione della felicità, vale a dire la sua riduzione a cosa da possedere e consumare. Perdiamo contatto con la felicità come esperienza vissuta, che come ogni passione vive di un inscindibile legame con la sofferenza. Secondo l’autore:
La vera felicità è possibile solo se infranta. È proprio il dolore a salvaguardare la felicità dalla reificazione. Inoltre, le conferisce una durata. Il dolore regge la felicità. La felicità dolorosa non è un ossimoro. Ogni intensità è dolorosa. La passione unisce il dolore e la felicità.
[ Illustrazione: Free and Leisure-10 (2003) di Minjun Yue ]