CREATIVITÀ, MUSICA, PROGETTO, STORIE

La nascita di un prodotto culturale: The Technological Breakthrough di Derek Senn

Forse non compare nelle classifiche degli album più popolari del 2014, ma The Technological Breakthrough di Derek Senn è uno dei migliori dischi dello scorso anno. La sua virtù? La semplicità. I dodici brani che lo compongono, sorretti da un solido tessuto acustico e impreziositi da una produzione calda e rotonda, appartengono alla più classica tradizione cantautorale americana. Senn se ne fa interprete autenticamente contemporaneo, dedicando particolare cura ai testi, che descrivono momenti di vita quotidiana con cui è facile mettersi in sintonia. Già dal primo ascolto, ci si sente a casa.

L’interesse di The Technological Breakthrough non termina con i suoi quarantasei minuti di musica. Il booklet che accompagna il disco contiene, oltre ai testi dei brani, alcune note a firma dello stesso Senn. Leggerle conduce in una dimensione musicale inaspettata, caratterizzata da un’impronta piacevolmente amatoriale. Quarant’anni, una moglie e due figli, Senn vive in California e di lavoro fa l’agente immobiliare. La musica è una passione entrata nella sua vita in tempi relativamente recenti, ma con forza tale da spingerlo immediatamente verso il songwriting. Per qualche tempo le canzoni di Senn, da lui interamente composte, cantate, suonate e mixate, non si spingono molto oltre il suo scantinato e la cerchia ristretta dei conoscenti. Poi, a inizio 2014, Derek decide che è arrivato il momento di fare sul serio.

Accompagnato dalla sua acustica Martin e da un pugno di canzoni, Senn parte alla volta di San Francisco per rinchiudersi insieme a un gruppo di musicisti locali nel Tiny Telephone di John Vanderslice, studio di incisione rigorosamente analogico che ha lavorato al servizio di nomi del cantautorato indie americano come Bob Mould, Mark Kozelek, The Mountain Goats e Okkervil River. Qui prendono velocemente vita, partendo da un’ossatura di chitarra e voce, i brani del disco. Dopo dieci giorni, Senn esce dal Tiny Telephone con quattro bobine di nastro pronte per essere spedite a Chicago per il mastering finale. Quando si reca all’ufficio spedizioni per l’invio, compila un modulo di assicurazione del valore di 10.000 dollari. Le persone in fila lo guardano con curiosità, immaginando che il pacco contenga gioielli o beni preziosi. In fondo, non si sbagliano di molto.

La storia di The Technological Breakthrough è semplice, proprio come la musica che contiene. Parla di passione e cura. Restituisce il senso di ciò che si dovrebbe intendere quando si parla di “prodotto culturale”.

[ illustrazione: fotografia di copertina di The Technological Breakthrough (2014) di Derek Senn ]

ARCHITETTURA, DECISIONE, PROGETTO, SCRITTURA

Macropianificatori e microgestori

Come cimentarsi con progetti ad alta complessità? Prendiamo il caso della scrittura: in Sentirsi del mestiere, saggio contenuto nella raccolta Cambiare idea (2009), la scrittrice britannica Zadie Smith descrive due diverse strategie.

La macropianificazione è la condotta di chi ha le idee chiare fin dall’inizio. Adottarla significa saper guardare da lontano alla propria impresa e tratteggiarne anzitutto confini e regole, in modo da potersi poi muovere al suo interno con libertà. L’arredamento di una casa è un buon esempio: i macropianficatori riescono a stabilire per prima cosa quanto spazio e quante stanze hanno a disposizione, per poi concentrarsi sullo spostare, spesso più e più volte, il mobilio.

La microgestione è fatta propria da chi, come la stessa Smith, si concentra da subito sul dettaglio, prescindendo da una visione di insieme. Chi adotta questo approccio si focalizza sull’arredamento della singola stanza e non procede alla successiva finché la prima non è completa di tutto il suo mobilio. Ciò che caratterizza i microgestori è la linearità del processo e la stringente relazione causa-effetto tra le scelte compiute. Ogni decisione presa incide radicalmente non solo sulla successiva, ma sullo sviluppo dell’intera struttura. È per questo che, nel caso della scrittura, le prime venti pagine di un testo possono richiedere una gestazione lunghissima.

Smith racconta il caso di un suo romanzo in cui il lavoro sul primo blocco di testo ha richiesto addirittura due anni, con continue riscritture e cambiamenti di prospettiva. Il vantaggio di questo approccio, sostiene Smith, sta nel fatto che una volta superato lo scoglio iniziale il resto procede a velocità spedita e con sicurezza. Dopo due anni passati sulle prime venti pagine, il resto del libro è stato scritto in soli cinque mesi. Un po’ come dire che, una volta stabilito il tono di un da dare a un’abitazione, la costruzione del suo intero arredamento viene di conseguenza.

[ illustrazione: Giovanni Evangelista, arte etiope, circa 1540 ]

APPRENDIMENTO, DECISIONE, PROGETTO, TEORIE

Alfred Otto Hirschman e la “mano che nasconde”

In ambito progettuale la precisione nella valutazione di requisiti e variabili di contesto può in certi casi rivelarsi, piuttosto che un elemento abilitante, un deterrente allo sviluppo del progetto stesso. Detto in altri termini, un approccio almeno parzialmente incosciente può spesso risultare più “saggio” e dunque essere d’aiuto nell’affrontare un obiettivo con un’attitudine più propositiva ed efficace. Uno studente che si lanci nella lettura del primo tomo di Guerra e pace ignaro dell’esistenza del secondo lo farà con uno spirito probabilmente più sereno e focalizzato.

Queste considerazioni fanno capo a una celebre teoria elaborata dall’economista Alfred Otto Hirschman (1915-2012) e da questi denominata della “mano che nasconde” (con evidente riferimento alla celebre “mano invisibile” di Adam Smith). Secondo Hirschman il nascondimento in questione lega a doppio filo la scelta di affrontare un progetto e la correlata capacità di esercitare in esso una condotta creativa e di problem solving.

Il tema fondamentale dell’argomentazione di Hirschman è che tendiamo ad affrontare più di buon grado iniziative che appaiono come sicure, già sperimentate e meno a rischio per un semplice motivo: non abbiamo grande fiducia nelle nostre capacità creative, il cui utilizzo spesso ci si presenta come una “sorpresa”. Ecco perché per poter fare pieno utilizzo di queste nostre capacità è spesso necessario sottostimare la natura dell’attività da svolgere, in modo da iniziare senza troppi dubbi ad affrontarla.

[ illustrazione: particolare dalla copertina del disco a 78 giri See No Evil, Hear No Evil, Speak No Evil di Three Wise Monkeys” pubblicato negli anni ’50 dall’etichetta Tops For Tots ]