In ambito progettuale la precisione nella valutazione di requisiti e variabili di contesto può in certi casi rivelarsi, piuttosto che un elemento abilitante, un deterrente allo sviluppo del progetto stesso. Detto in altri termini, un approccio almeno parzialmente incosciente può spesso risultare più “saggio” e dunque essere d’aiuto nell’affrontare un obiettivo con un’attitudine più propositiva ed efficace. Uno studente che si lanci nella lettura del primo tomo di Guerra e pace ignaro dell’esistenza del secondo lo farà con uno spirito probabilmente più sereno e focalizzato.
Queste considerazioni fanno capo a una celebre teoria elaborata dall’economista Alfred Otto Hirschman (1915-2012) e da questi denominata della “mano che nasconde” (con evidente riferimento alla celebre “mano invisibile” di Adam Smith). Secondo Hirschman il nascondimento in questione lega a doppio filo la scelta di affrontare un progetto e la correlata capacità di esercitare in esso una condotta creativa e di problem solving.
Il tema fondamentale dell’argomentazione di Hirschman è che tendiamo ad affrontare più di buon grado iniziative che appaiono come sicure, già sperimentate e meno a rischio per un semplice motivo: non abbiamo grande fiducia nelle nostre capacità creative, il cui utilizzo spesso ci si presenta come una “sorpresa”. Ecco perché per poter fare pieno utilizzo di queste nostre capacità è spesso necessario sottostimare la natura dell’attività da svolgere, in modo da iniziare senza troppi dubbi ad affrontarla.
[ illustrazione: particolare dalla copertina del disco a 78 giri See No Evil, Hear No Evil, Speak No Evil di Three Wise Monkeys” pubblicato negli anni ’50 dall’etichetta Tops For Tots ]