Kenneth Goldsmith è poeta, agitatore web e profeta della scrittura non creativa. La sua ultima trovata, sperimentata nelle vesti di docente universitario presso la University of Pennsylvania, è un corso dal sorprendente titolo “Wasting Time on the Internet”. L’insegnamento, lungi dal criticare il fenomeno della continua perdita di tempo sul web, lo eleva a fonte di ispirazione per la produzione di testi letterari.
Nella storia della cultura, le provocazioni offrono quasi sempre un doppio livello di lettura. C’è quello più superficiale, cui spesso si fermano i media di massa. Secondo quest’ottica, Goldsmith fa scalpore perché nobilita qualcosa di cui tutti si lamentano quotidianamente, scovando – proprio come faceva Baudelaire a metà ‘800 – il bello nell’effimero. C’è poi un senso più elevato, che si spoglia di valenze ironiche e riflette su mutamenti antropologici profondi. A ben vedere, Goldsmith non ci parla tanto di distrazione e passività (che del resto non sono certo invenzione di internet), ma della crisi di un modello di pensiero – quello della “cultura occidentale” – che continua a non riuscire a fare i conti con il susseguirsi dei mutamenti tecnologici.
La questione non è dunque demonizzare internet, ma sviluppare competenze che portino a saperlo usare con maggiore consapevolezza, nella vita personale e in quella lavorativa. E ben venga dunque un corso che aiuta i giovani universitari – una delle fasce di età che vivono il web con più immediatezza – a esplorare le potenzialità creative di un medium tanto ricco quanto spesso inestricabile. Questo è quanto è davvero in gioco; il resto è mero sensazionalismo da prima pagina.
[ illustrazione: il meme di internet noto come Nyan Cat ]