Louis Wolfson, nato a New York nel 1931, è affetto da schizofrenia e fin dalla giovane età rifiuta la lingua materna e pratica un sistema di traduzione simultanea in più lingue che lui stesso ha messo a punto. Da ragazzo, Louis parla col padre in yiddish e in tedesco, mentre cerca di comunicare in russo con la madre. Proprio quest’ultima – il cui accostamento alla lingua “materna” non è casuale – è al centro del testo Le Schizo et les langues, scritto da Wolfson interamente in francese e pubblicato da Gallimard nel 1970.
Il caso di Wolfson ha suscitato l’interesse specialistico degli psicanalisti, ma anche un solido seguito da parte di molti intellettuali francesi, in particolare per la sua scelta di rifiutare la lingua inglese spostandosi verso il francese, “fuga” da molti interpretata come simbolo di resistenza a un’egemonia culturale.
Uno degli aspetti linguisticamente più interessanti della questione – messo a fuoco da un dossier pubblicato dalla rivista on-line Kasparhauser – riguarda l’opposizione alla logica del linguaggio come segno arbitrario. Per Wolfson ogni lingua è cosa a sé e proprio per questo gli è possibile rifiutare l’inglese abbracciando altri idiomi, motivando la scelta in base a specificità di una singola lingua non riducibili a quelle di altre.
Dopo aver soggiornato in Canada, Wolfson vive ora a Porto Rico. Nel corso degli anni ha scritto diversi testi in cui, oltre a continuare il racconto del rapporto con la madre (per esempio in Mia madre, musicista è morta…), spazia fra temi di ogni genere. Fra questi va annoverata anche una forte passione per le scommesse che pare l’abbia reso milionario.
[ illustrazione: elaborazione grafica di un ritratto fotografico di Louis Wolfson ]