Un breve saggio di Simon Sinek (recentemente ripubblicato dalla rivista Salon) costruisce un’efficace analisi sociologica capace di attraversare quattro generazioni.
Si parte dalla “great generation”, cresciuta negli anni della grande depressione e chiamata ad affrontare il secondo conflitto bellico. Questa generazione ha pensato ai propri figli secondo un fondamentale presupposto: garantire loro il benessere. Questo è effettivamente accaduto e i “baby boomers” sono cresciuti circondati dall’abbondanza. Mettere al centro il senso di protezione e benessere ha tuttavia generato una conseguenza indesiderata: la focalizzazione sul “me” a scapito del “noi”. Ed è su questo presupposto valoriale che i “baby boomers” si sono rivolti a loro stessi e ai propri figli, la cosiddetta “generazione X”. Cresciuta nell’agio degli anni ’80, questa generazione è stata abituata a credere che tutto fosse alla propria portata, ereditando dai propri genitori tanto il senso del lavoro quanto la sua accezione più individualista legata all’idea del successo. Si giunge infine alla “generazione Y”, la cui caratteristica fondante – nuovamente intesa come effetto della relazione con la generazione precedente – sarebbe secondo Sinek quella dell’impazienza (e non tanto, come notato da altri commentatori, quella di pensare semplicemente che sia loro tutto dovuto). Per la generazione Y il senso di poter “avere tutto” è diventato un “avere subito” – amplificato dalla velocità dei meccanismi comunicativi d’oggi e dalle loro apparenti gratificazioni istantanee – che genera il purtroppo riconoscibilissimo senso di disillusione e frustrazione (ma anche disimpegno e distrazione) proprio di questa generazione.
La disamina di Sinek suona tanto accurata quanto impietosa. Soprattutto, è difficile leggervi una pars construens. Il principale messaggio che essa pare lanciare a genitori, istituzioni scolastiche e aziende suona come: imparate a comprendere le nuove generazioni e assumetevi le vostre responsabilità. Quale messaggio essa lanci ai giovani non è affatto chiaro.
[ illustrazione: l’attrice/sceneggiatrice/regista Lena Dunham e sua madre, la fotografa Laurie Simmons, in una scena di Tiny Furniture (2010) ]