Ad ascoltare oggi Cold Fact (1970) di Sixto Rodriguez si ha l’impressione di trovarsi di fronte a uno dei classici del folk-psichedelico americano anni ’60-70. Questa percezione non trova tuttavia riscontro nelle storie della musica rock, per un semplice motivo: le vendite del disco segnarono un disastroso flop, ripetuto con il secondo album (Coming from Reality, 1971). In seguito a questi due exploit negativi, Rodriguez venne licenziato dalla sua etichetta discografica e condusse, per i 40 anni seguenti circa, una vita riservata e modesta, lavorando principalmente come manovale (ma senza negarsi una laurea in filosofia e un discreto impegno a livello politico) nella nativa Detroit.
Nel corso degli anni ’70 e ’80 tuttavia accadde, in tutt’altra localizzazione geografica, qualcosa di sorprendente: la musica di Rodriguez ricevette, per una fortunata e difficilmente ricostruibile serie di eventi, un’accoglienza addirittura entusiastica in Sud Africa. La gioventù sudafricana trovò nelle musiche e nei testi di Rodriguez una perfetta colonna sonora per la lotta contro l’establishment politico e l’apartheid. Cold Fact divenne un classico e rese la figura di Rodriguez mitologica, a completa insaputa del diretto interessato.
In tempi precedenti all’avvento di internet e in assenza di informazioni aggiornate su Rodriguez, le più diverse leggende sulla sua vita e – addirittura – morte trovarono ampia diffusione e incrementarono l’alone di mistero che circondava il personaggio. Questo è lo stato di cose che perdurò grosso modo fino alla fine degli anni ’90, quando due musicologi sudafricani si misero sulle tracce del musicista di Detroit per scoprire – complice un sito internet costruito ad hoc – che egli era ancora vivo e vegeto e, lungi dall’essere la celebrità che immaginavano, pressoché sconosciuto negli USA. Da allora iniziò un percorso di recupero della musica di Rodriguez, ricostruito nel documentario Searching For Sugar Man (2012) di Malik Bendjelloul. Oggi la musica di Rodriguez, ristampata e distribuita in tutto il mondo, riceve un generale plauso e il musicista ha ripreso – o meglio, iniziato – a girare il mondo in tour.
A prima vista, e in particolare assecondando il punto di vista del documentario di Bendjelloul – che pone enfasi soprattutto sullo sfruttamento economico della musica di Rodriguez a scapito di quest’ultimo e a vantaggio di diverse etichette discografiche – , questa sembrerebbe una storia di riconquistato e meritato successo. A guardarla più da vicino, la prospettiva può cambiare: la vicenda di Rodriguez è forse non molto diversa da quella di altri musicisti folk dell’epoca – viene subito in mente anche quella, immaginaria, del protagonista di Inside Llewyn Davis (2013) di Joel ed Ethan Coen – salvo il fatto che la sua ha un lieto fine.
La storia della musica – e, verrebbe da generalizzare, quella delle innovazioni – è piena di esempi di personaggi il cui successo non è probabilmente stato quello che avrebbero meritato. Su tutti, celebre è il caso di Solomon Linda, per lo più ignoto autore non retribuito del brano Mbube, destinato a essere poi diffuso – e a diventare fonte di celebrità e ricchezza per i successivi performer – come The Lion Sleeps Tonight (di questa storia ha scritto Nick Hornby nel suo Rock, pop, jazz & altro. Scritti sulla musica del 2002). In secondo luogo, il tema contestuale non può essere sottovalutato. La Detroit industriale degli anni ’60-70 non era certo la culturalmente animata New York degli stessi anni. Quindi, al di là dei giudizi di merito soggettivi, Rodriguez non può in nessun modo essere paragonato – come il documentario a tratti fa – con personaggi come Bob Dylan. Infine, il successo localizzato in Sud Africa si spiega in relazione alla scarsità di offerta presente all’epoca su questo territorio e, al di là della “romanticizzazione” agita dal documentario, all’azione decisamente efficace delle etichette sudafricane. Ed è proprio questo successo “di nicchia” ad aver condotto, in anni in cui internet ha permesso un facile dialogo tra locale e globale, alla notorietà di questi giorni.
[ illustrazione: Commodore Record Shop, August 1947, fotografia di William P. Gottlieb ]