Le ultime pagine del romanzo di Francis Scott Fitzgerald Il grande Gatsby (1925) contengono un curioso dialogo che riguarda il colore del vestito del protagonista. Gatsby indossa un completo rosa e il suo antagonista Buchanan sottolinea questa scelta cromatica con disprezzo. Per un lettore di oggi, la situazione è ambigua: perché Buchanan critica il rosa di Gatsby? Nessuna delle due versioni cinematografiche del romanzo (1974 e 2013) aiuta a svelare il mistero. E chi pensa che Buchanan voglia deridere una scelta poco mascolina fatta da Gatsby, si sbaglia di grosso. Ecco la verità: negli anni ’20 e ’30 vestire di rosa era considerato perfettamente virile, ma questo colore era associato alle classi sociali più basse. Buchanan intende dunque mettere alla berlina le origini di Gatsby, smascherando tutte le sue menzogne.
Questo esempio mostra quanto l’interpretazione di un colore possa essere soggetta a mutamenti legati a diverse epoche e contesti culturali. Un articolo del «The Atlantic» ricostruisce un’articolata storia del legame tra rosa e vestiario, dal XVIII secolo a oggi. Se, come già notato, il rosa è considerato colore maschile fino agli anni ’30, in realtà esso porta con sé soprattutto una connotazione di salute e giovinezza. Era dunque normale vederlo indossato da bambini, giovani uomini e donne, ma non da persone anziane. Rispetto ai più piccolo, in queste epoche la scelta dei colori era intesa più per differenziare gli infanti dagli adulti che non per distinguere i due sessi. I classici rosa e azzurro erano quindi entrambi legati ai bambini, ma in modo perfettamente interscambiabile rispetto al loro sesso. I primi segnali di differenziazione in questo senso nascono verso la fine dell’Ottocento, sulla spinta delle teorie sullo sviluppo infantile di Freud. Parallelamente, in un romanzo come Piccole donne (1880) di Louisa May Alcott si attribuisce a un’usanza francese la preferenza del rosa per le bambine.
È solo dopo la metà del Novecento che si arriva ad associare il rosa prettamente con la femminilità, in relazione a una conformità di codici – non solo vestiari – messa in atto a partire dagli anni ’50. Quel che segue nella seconda metà del XX secolo è uno spostamento verso una lettura “unisex” dell’abbigliamento dei bambini – coincidente con la fine degli anni ’70 – che ha poi condotto, probabilmente per semplice reazione, al ritorno “tradizionalista” che oggi viviamo.
Questa breve storia dell’abbigliamento rosa aiuta a comprendere quanto molte usanze che si sembrano date, immutabili o perfino naturali siano in realtà del tutto dipendenti da un’interpretazione culturale legata a un ambiente e a un momento storico. Quanto vale per il rosa è applicabile a moltissime altri apparenti “dati di fatto” della vita personale e lavorativa.
[ illustrazione: fotogramma dal film Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann, 2013 ]