In pausa. Come l’ossessione per il fare sta distruggendo le nostre menti (2014) è un curioso piccolo libro. Il suo autore, l’americano Andrew Smart, rientra nei copiosi ranghi degli studiosi di scienze cognitive che si ostinano a volerci spiegare cosa succede nel nostro cervello quando siamo al lavoro. La peculiarità del testo di Smart è di collocarsi in una linea di pensiero che avversa tutti gli One minute manager
e Detto, fatto!
prodotti negli ultimi 50 anni dalla letteratura managerial-efficientista americana. Smart si cimenta con questa impresa in nome del recupero del valore costitutivo dell’ozio per la creatività e l’efficacia lavorativa. Non si tratta di un tema esattamente nuovo, dato che i cosiddetti momenti “a-ha” generati dall’ozio – noti anche come “effetti eureka”, con in cima alla lista il classico esempio della mela di Newton – sono stati abbondantemente studiati dalla letteratura psicologica sulla creatività. E tuttavia il testo di Smart offre alcuni spunti che ne rendono decisamente consigliata la lettura.
Anzitutto, Smart rende nota ai suoi lettori la scoperta di un meccanismo cruciale per il funzionamento del cervello, la cosiddetta rete neurale di default. Quest’ultima si attiva quando oziamo e grazie a essa il cervello entra in una fase di relativa autonomia (da qui il titolo originale inglese del testo, Autopilot) che libera energie che favoriscono creatività e autocoscienza. I ritmi di vita orientati alla massimizzazione dell’efficienza, al multitasking, al life-hacking e ai “people analytics” vanificano tutto questo. Tenetelo presente la prossima volta che vi troverete a confrontarvi con l’ottimizzazione delle vostre ore lavorative quotidiane.
Il libro di Smart contiene poi una piccola chicca che sarà apprezzata da chiunque conosca il metodo di gestione della qualità Six Sigma (inventato da Motorola negli anni ’80) e lo trovi discutibile. Six Sigma, nota Smart, produce nelle aziende lo stesso effetto che ha sul corpo umano l’epilessia. Durante una crisi, le variazioni fra i neuroni cerebrali vengono ridotte, generando un effetto di “ipersincronizzazione” che genera gravi danni per la mente e per la capacità di pensiero. A livello organizzativo, Six Sigma agisce nello stesso modo, inducendo una ipersincronizzazione che ha una conseguenza grave per qualsiasi azienda: omogeneizzare i contributi delle persone e ridurre drasticamente le insorgenze di comportamenti creativi e innovazioni, come testimoniato da diversi casi aziendali di aziende che hanno “esagerato” con Six Sigma (Smart cita quello di 3M). A onor del vero va anche notato come le persone con una maggiore attività nella rete neurale di default, dunque maggiormente creative e disposte all’innovazione, risultano essere quelle soggette a schizofrenia. Interessante è dunque riportare anche questo esempio a un livello organizzativo e notare come le aziende più innovative saranno quelle pronte a “sognare” assumendosi i rischi di una possibile deriva schizofrenica.
Non da ultimo, In pausa ha il merito di accompagnare le sue osservazioni scientifiche con solidi riferimenti alla storia del pensiero occidentale. Smart sa bene di non essere il primo a parlare dei benefici dell’ozio e dunque non manca di menzionare autori come Samuel Johnson (1709-1784), che fra il 1758 e il 1760 pubblicò una serie di saggi nota sotto il titolo di The Idler (l’ozioso), e Rainer Maria Rilke (1875-1926) , a più riprese citato da Smart come “maestro d’ozio e creatività”.
[ illustrazione: John William Godward, Dolce far niente, 1904 ]