Non c’è bisogno di essere esperti di informatica per aver visto comparire il nome e il logo “Java” sul monitor di un computer. Per la maggior parte di noi (cioè per i non addetti ai lavori), Java è un linguaggio informatico che permette l’esecuzione di applicazioni web: dagli editor di testo ai filmati, dalle chat ai videogiochi. La sua diffusione va in realtà ben oltre l’ambito web, occupando un ruolo importante nei data center e nelle tecnologie per telefoni cellulari. Se sapete cos’è Java, è tuttavia probabile che possiate non conoscerne la storia.
Nel 1990 il web come lo conosciamo oggi è un fenomeno non ancora pronto a esplodere a livello di massa. Il PC, inteso come personal computer “desktop”, è il prodotto di punta dell’industria informatica, sia in ufficio che nel mercato casalingo. In questo contesto si muove Sun Microsystems, un’azienda della Silicon Valley californiana fondata nel 1982 in relazione all’università di Stanford di Palo Alto. All’inizio del nuovo decennio Sun sta attraversando un periodo di crisi, dovuta alla sua concentrazione sul solo mercato delle workstation professionali e dei server. I suoi prodotti hanno la fama di essere troppo complicati per un mercato di massa; i suoi software non sono all’altezza di quanto Microsoft sta sviluppando.
Patrick Naughton è un programmatore venticinquenne che lavora in Sun da tre anni. Durante una serata conviviale con lo staff dell’azienda, Naughton si avvicina al suo boss – e AD di Sun – Scott McNealy e, fra una birra e l’altra, gli rivela la sua condizione di delusione e frustrazione rispetto al proprio lavoro. Naughton si dice stufo di lavorare a prodotti che sembrano vecchi rispetto alle innovazioni del mercato. Sente che il proprio lavoro non è valorizzato adeguatamente e, afferma, sta valutando di andare a lavorare per NeXT Computer Inc. McNealy prende la palla al balzo e risponde grosso modo così a Naughton: «Prima che tu te ne vada, metti per iscritto quel che pensi Sun oggi stia sbagliando. Non limitarti a indicarmi il problema, dammi una soluzione. Dimmi cosa faresti se qui comandassi tu».
La mattina dopo, Naughton invia a McNealy un report di 20 pagine, che viene subito girato all’intera prima linea manageriale. Il giorno seguente, la casella e-mail di Naughton è piena di messaggi di questo tenore: «È quello che pensavamo anche noi da tempo, ma nessuno aveva avuto il coraggio di ammettere i propri errori». Naughton viene immediatamente inserito in un gruppo di lavoro ad hoc insieme a diversi ingegneri di alto livello. Nel corso di un brainstorming notturno, il neonato gruppo delinea le linee guida per lo sviluppo di un nuovo prodotto. Competere con Microsoft è fuori discussione, si decide così di mettersi al lavoro per costruire un software che possa sostanzialmente “funzionare ovunque”, anche in contesti che ancora non vengono associati all’idea di computer.
Nel 1991 il team di sviluppo è attivo in maniera totalmente indipendente dalle attività considerate core business da Sun. Già in agosto, è pronta una bozza di software che prende il nome di Oak, in inglese quercia, cioè l’albero che si vede fuori dalla finestra della stanza in cui il gruppo di programmatori lavora. Nel 1995 si giunge a una versione stabile del software, sviluppata per diventare una “killer app” come compagna per i nascenti web browser (non a caso, uno dei primi accordi commerciali sarà con l’allora dominante Netscape). Poiché nel team di lavoro si consumavano grandi quantità di caffè Java, si decide di rinominare il software in un modo più funzionale anche rispetto alle esigenze di marketing. Nasce così Hot Java. Il resto è storia, una storia che comprende la diffusione di questo linguaggio software praticamente ovunque. La vicenda di Sun come entità indipendente ha una conclusione nel 2010, quando l’azienda viene acquisita da Oracle, che oggi detiene il marchio Java. Ma questa è un’altra storia.
[ illustrazione: testata del «San Jose Mercury News» del 23 marzo 1995 ]