ARTE, COLORI, CULTURA, EPISTEMOLOGIA, SOCIETÀ

A chi fa paura il colore?

In Cromofobia. Storia della paura del colore (2000) l’artista e scrittore David Batchelor costruisce un’accurata indagine storica della “paura” del colore. Si tratta di una tendenza trascurata e spesso considerata in maniera riduttiva e semplicistica ma, come mostrato da Batchelor, estremamente radicata.

Fin dalle origini del pensiero Occidentale, il colore ha subito pregiudizi, emarginazioni, rifiuti. Fondamentalmente, la paura si riduce a un elemento: la minaccia di venire contaminati e corrotti da qualcosa che appare inconoscibile. L’analisi di Batchelor mette in luce due modalità secondo le quali la paura del colore ha preso forma:

«Nella prima, il colore viene considerato come proprietà di un qualche corpo “estraneo”: di solito il femminile, l’orientale, il primitivo, l’infantile, il volgare, il bizzarro o il patologico. Nella seconda, il colore viene relegato al regno del superficiale, del supplementare, dell’inessenziale o del cosmetico. Nell’una, il colore è guardato come alieno e perciò pericoloso; nell’altra, è percepito soltanto come una qualità secondaria dell’esperienza, e quindi non meritevole di seria considerazione».

[ illustrazione: Piero Manzoni, Achrome – 1958 ]

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