La saggezza popolare ci ricorda che per imparare “ci vuole tempo”, anche se spesso ce ne dimentichiamo. A fronte di una costante pressione sociale e tecnologica che spinge verso immediatezza e velocità, accostarsi con la dovuta attenzione e concentrazione a un’esperienza di apprendimento è sempre più difficile. Così come muovere i nostri occhi verso una cosa non equivale necessariamente a vederla, sarebbe ingannevole considerare il semplice accesso a dati e informazioni come sinonimo di un effettivo apprendimento.

La storica di Harvard Jennifer Roberts si è inventata un “sadico” esercizio di osservazione cui ha sottoposto i suoi studenti: trascorrere ben tre ore di fronte a un’opera d’arte, sforzandosi di annotare minuto dopo minuto il progressivo evolvere delle proprie percezioni e osservazioni. I risultati, pare, sono stati sorprendenti. Amplificando enormemente il tempo dedicato all’osservazione di un’opera – si calcola che in media i visitatori del Louvre non trascorrano più di 15 secondi nemmeno davanti a capolavori come la Gioconda – Roberts è riuscita a offrire ai suoi studenti un’esperienza in grado di trasmettere il raro e prezioso valore del “tempo debito”.

Nella conferenza in cui ha descritto le motivazioni e gli esiti del suo esperimento, Roberts fa riferimento alle opere d’arte considerandole “batterie temporali” la cui frequentazione aiuta a ricaricare le nostre riserve di concentrazione, attenzione e perseveranza. Questo tipo di fruizione offre un allenamento cognitivo che si estende a ogni genere di apprendimento, diventando una vera e propria competenza:

«This lesson about art, vision, and time goes far beyond art history. It serves as a master lesson in the value of critical attention, patient investigation, and skepticism about immediate surface appearances. I can think of few skills that are more important in academic or civic life in the twenty-first century».

[ illustrazione: foto di Thomas Struth ]