Nel suo The Art of Failure (2013) il ludologista Jesper Juul riflette su un aspetto poco studiato dei videogiochi – e di ogni altro gioco in generale – , vale a dire il senso di fallimento che ogni “game over” porta con sé.
In maniera diversa dalla catarsi che possono offrire opere di finzione come drammi teatrali, romanzi o film, il videogioco non lascia mai al giocatore l’opportunità di tirarsi fuori. Questo significa che quando in un videogioco si perde non è possibile agire il tipico sguardo distaccato e critico che viene assunto di fronte a un fallimento narrato. Al contrario, si è obbligati a vivere in prima persona l’intera onta legata al fallimento. Pur essendo quello del videogioco un dominio simbolico esistente solo in relazione alle sue regole, le sensazioni di sconfitta che proviamo al suo interno risultano estremamente reali.
Con riferimento al popolare tema della gamification, Juul si domanda se la logica di fallimento / successo su cui si basano i videogiochi possa servire da allenamento ai reali fallimenti della vita. Sembra difficile rispondere positivamente, perché mentre i videogiochi sono frutto di una programmazione che bilancia perfettamente sconfitte e vittorie aiutando il giocatore a trovarsi in un motivante stato di “flow”, i fallimenti della vita reale – Juul usa l’esempio della crisi finanziaria esplosa nel 2008 – sono caratterizzati da imprevedibilità e mancanza di schemi riconoscibili. Tutto ciò rende impossibile trovarsi nel flow.
Juul riflette anche sul tema dei “bias” che ci influenzano quando dobbiamo decidere a chi o a cosa attribuire la responsabilità di un fallimento. Avvicinandosi alle riflessioni sul cosiddetto locus of control reso celebre dalla psicologia del lavoro, Juul nota come il videogiocatore medio sia tanto propenso a riconoscersi i meriti di una vittoria quanto, prevedibilmente, ad attribuire a “bug” del sistema la responsabilità del proprio fallimento. Efficace è a questo proposito un esempio riportato da Juul: quando ai mondiali di calcio del 2010 la squadra americana venne eliminata dalla competizione, il «New York Post» pubblicò un articolo dal titolo “Comunque, questo gioco è stupido”.
[ illustrazione: fotogramma dal film Scott Pilgrim VS the World di Edgar Wright, 2010 ]